Recensione Vino e pane
Chi è Ignazio Silone?
Ignazio Silone, pseudonimo di Secondino Tranquilli nasce a Pescina il 1° maggio 1900 e muore a Ginevra, 22 agosto 1978. È stato scrittore, giornalista, politico, saggista e drammaturgo italiano. Annoverato tra gli intellettuali italiani più conosciuti e letti in Europa e nel mondo, il suo romanzo più celebre, Fontamara, emblematico per la denuncia della condizione di povertà, ingiustizia e oppressione sociale delle classi subalterne.
Per molti anni esule antifascista all’estero, ha partecipato attivamente e in varie fasi alla vita politica italiana, animando la vita culturale del Paese nel dopoguerra.
Nel 1929-30 soggiorna in Svizzera, a Davos e ad Ascona, nel 1931 trascorre buona parte dell’anno tra Davos e la residenza di Comologno “La Barca”, dove ha accettato l’ospitalità, come altri esuli antifascisti, nella casa di proprietà della coppia di antifascisti svizzeri formata dall’avvocato Vladimir Rosembaum e dalla pianista, traduttrice, scrittrice, Aline Valangin, in pochi mesi scrive il suo capolavoro letterario, Fontamara dandogli il nome di un immaginario paesino dell’Abruzzo, con luoghi presi dalla memoria dell’infanzia pescinese dell’autore e che narra della vicenda di umili contadini, i “cafoni” appunto, in rivolta contro i “potenti” per un corso d’acqua deviato che irrigava le loro campagne.
Ha ricevuto ben dieci candidature al premio Nobel per la letteratura.
Qual è la trama del libro Vino e pane?
Arriva sempre un’età in cui i giovani trovano insipido il pane e il vino della propria casa. Essi cercano altrove il loro nutrimento. Il pane e il vino delle osterie che si trovano nei crocicchi delle grandi strade possono solo calmare la loro fame e la loro sete. Ma l’uomo non può vivere tutta la sua vita nelle osterie”. Vino e pane racconta il ritorno di Pietro Spina, giovane intellettuale di estrazione borghese che aveva abbandonato i suoi luoghi per seguire un ideale rivoluzionario.
Nelle vicende di questo personaggio tormentato fra paura e coraggio, braccato, costretto a vivere nascosto e travestito, riemergono i motivi cari alla letteratura di Silone: il dibattito sulla rivoluzione, la fede, la giustizia, l’indagine sulla società dei cafoni, sulle sue reazioni al fascismo, il richiamo della terra natale e della memoria.
Di cosa parla il libro Vino e pane?
Nell’eccelsa tessitura del panorama letterario italiano del XX secolo, “Vino e Pane” di Ignazio Silone emerge come una luminosa gemma narrativa, intrecciando sapientemente l’arazzo della lotta umana tra ideali intrinseci e il profondo impatto della realtà socio-politica. Con maestria erudita, Silone dipinge un quadro crudo e affascinante dell’Italia contadina, in un periodo turbolento segnato dall’ombra dei totalitarismi e dalla crescente maturazione del pensiero comunista.
L’opera, attraverso l’archetipo dell’eroe Pietro Spina, dà voce all’animo di intere masse di contadini schiacciati da secolari ingiustizie sociali. La lotta di Pietro per la giustizia e la dignità, rappresenta un ritratto emblematico di un individuo intrappolato tra il suo feroce impegno verso il miglioramento della condizione umana e la drammatica frammentazione dei suoi legami familiari e sociali.
Silone con abilità penetra nell’interiorità di Pietro, svelando le sue contraddizioni, le incertezze e l’ambivalenza di un’anima dilaniata tra il richiamo delle rivoluzioni e l’anelito per la preservazione delle tradizioni.
La presentazione iniziale di Pietro Spina rivela la sua personalità tormentata: “Un giovane che sapeva tutto della fatica e nulla della gioia.” Questa frase incarna l’essenza stessa di Pietro, un individuo costantemente in bilico tra il peso dell’ingiustizia e la ricerca instancabile di un significato più elevato.
L’ambiente pittoresco e robustamente descritto si fa quasi personaggio a sé stante, un sottofondo vibrante per la narrazione. I paesaggi rurali, carichi di metafore visive, si uniscono alle percezioni delle coscienze in tumulto, aggiungendo un elemento simbolico che amplifica le tensioni interne ed esterne. L’autore, con una prosa cristallina, cattura i sensi e le emozioni, immergendo il lettore in un vortice di vita e struggimento.
La scrittura di Silone rivela una profonda consapevolezza della complessità umana e dei dilemmi socio-politici. Il romanzo getta un’occhiata penetrante sulle ambiguità e le incertezze dell’ideologia comunista, sfidando i suoi stessi fondamenti con una critica matura e autocritica. Silone incarna una voce autentica della sua epoca, in bilico tra l’ardore rivoluzionario e l’esigenza di realismo, e ci consegna un’opera che offre uno specchio riflettente per esaminare le sfide dell’attivismo sociale e dell’integrità personale.
La figura di Lucrezia, la sorella di Pietro, rappresenta la forza delle tradizioni rurali e la tensione tra i legami familiari e gli ideali politici. Il suo silenzio eloquente, il cui significato si svela in un momento cruciale, simboleggia il potere delle parole non dette e dei sentimenti nascosti.
L’entrata di Pietro nella città lo pone di fronte alle diversità del mondo esterno, culminando in un incontro con la brillante e tormentata Lucia. La loro relazione è una danza intricata di passioni e disillusione, in cui l’amore diventa un riflesso degli ideali e delle compromissioni della lotta politica.
L’incontro con Don Paolo, il sacerdote filosofo, è un momento di profonda riflessione e dibattito. La discussione sulla natura umana e il destino dell’umanità incarna la lotta tra il desiderio di cambiamento sociale e l’accettazione del mondo così com’è.
Il viaggio di Pietro a Roma e il suo coinvolgimento nel mondo politico rivelano l’ambivalenza e la corruzione dei movimenti rivoluzionari. L’esperienza di Pietro nel cuore del potere politico evidenzia il conflitto interno tra l’idealismo e la realtà spietata.
La scena del confronto finale tra Pietro e il partito comunista, rappresentato dall’enigmatico e ambiguo Rinaldo, rivela il senso di alienazione e l’isolamento che il protagonista prova all’interno del proprio movimento ideologico.
La conclusione aperta, in cui Pietro si allontana verso l’ignoto, sottolinea il tema dell’eterna lotta e dell’incessante ricerca di un destino incerto.
In conclusione, “Vino e Pane” non è solo un libro, ma una sinfonia di conflitti, aspirazioni e sacrifici. Ignazio Silone, con la sua prosa evocativa e la sua profonda compassione, si insinua nella psiche del lettore, lasciandogli un’eredità di riflessioni e provocazioni. Quest’opera, un trionfo letterario intriso di passione e saggezza, resisterà al passare del tempo, continuando a risplendere come un faro guida per coloro che cercano una comprensione profonda della condizione umana e del suo eterno conflitto tra speranza e realtà.
Marco Schifilliti
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Leggi anche la recensione del libro “Il seme sotto la neve” dello stesso autore.
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