Recensione Una vita come tante
Chi è Hanya Yanagihara?
Hanya Yanagihara è una scrittrice statunitense di origini hawaiane (n. Los Angeles 1974). Dotata di una scrittura spiazzante e fortemente empatica, ha esordito nella narrativa con il romanzo “The people in the trees“ (2013; trad. it. 2020), memoir ispirato alla vita e alle ricerche del premio Nobel D.C. Gajdusek che le è valso fama mondiale. L’abilità nella costruzione di trame complesse e nello scavo psicologico dei personaggi trova conferma nei successivi A little life (2015; trad. it.
Una vita come tante, 2015) e To paradise (2022; trad. it. 2022), intricato intreccio di storie che si sviluppano in diacronia, lungo le quali la scrittrice sonda con acutezza e levità la natura e i destini dei sentimenti e delle relazioni umane.
Qual è la trama del libro “Una vita come tante” dell’autrice Hanya Yanagihara?
In una New York fervida e sontuosa vivono quattro ragazzi, ex compagni di college, che da sempre sono stati vicini l’uno all’altro. Si sono trasferiti nella metropoli da una cittadina del New England, e all’inizio sono sostenuti solo dalla loro amicizia e dall’ambizione. Willem, dall’animo gentile, vuole fare l’attore. JB, scaltro e a volte crudele, insegue un accesso al mondo dell’arte. Malcolm è un architetto frustrato in uno studio prestigioso. Jude, avvocato brillante e di enigmatica riservatezza, è il loro centro di gravità.
Nei suoi riguardi l’affetto e la solidarietà prendono una piega differente, per lui i ragazzi hanno una cura particolare, una sensibilità speciale e tormentata, perché la sua vita sempre oscilla tra la luce del riscatto e il baratro dell’autodistruzione. Intorno a Jude, al suo passato, alla sua lotta per conquistarsi un futuro, si plasmano campi di forze e tensioni, lealtà e tradimenti, sogni e disperazione.
E la sua storia diventa una disamina, magnifica e perturbante, della crudeltà umana e del potere taumaturgico dell’amicizia.
Di cosa parla il libro “Una vita come tante” della scrittrice Hanya Yanagihara?
Un gruppo di amici e il dipanarsi di storie ed eventi che nel cementificare il loro rapporto sgretolano le reciproche personalità.
Un’opera in cui l’arte del “mischiarsi” con l’Altro diventa fonte di ricchezza e allo stesso tempo fonte di dolore.
Aprirsi all’Altro rende vivo un dolore taciuto che ha bisogno di silenzio e tagli per essere assopito.
Jude, il protagonista, vive tra passato e presente, tra orfanotrofio e violenze sessuali e fame di un presente diverso da quello che qualcuno e più di qualcuno aveva scritto per lui.
L’autolesionismo è la forma meno dolorosa e più vera che conosce per sopportare l’angoscia.
L’angoscia è ciò che non mente (LACAN, 1972) ed è proprio attraverso quest’angoscia che Jude trova l’amore, quello che cura e lenisce le ferite del corpo-anima.
Prima di Willem, l’amico e l’amore, Jude ha avuto una serie di relazioni disfunzionali e violente che gli ricordavano i soprusi vissuti da bambino e da adolescente: rapporti che gli confermavano che l’amore è sofferenza e dolore.
L’abuso sessuale infantile può portare a severe conseguenze fisiche e psicologiche (comportamentali, relazionali relative alla sfera sessuale) a breve ed a lungo termine (Hetzel, McCanne, 2005)
Le ricerche cliniche hanno mostrato che le vittime di abuso sessuale infantile presentano frequentemente sintomi di amnesia (dal 19% al 62% dei casi) e che i bambini cronicamente abusati possono dimenticare interi periodi della loro infanzia, arrivando a non evocare ricordi fino ai 9 anni (Spiegel, D, 2011).
Recensione a cura della Dott.ssa Teresa Colaiacovo Psicologa e Sessuologa clinica
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