Recensione Quore
Chi è Claudio Spinosa?
Claudio Spinosa, nasce a Sulmona nel 1974. Dopo il diploma di ragioniere si iscrive nella facoltà di giurisprudenza senza conseguire la laurea. All’età di diciassette anni i suoi interessi si concentrano esclusivamente verso la musica. Suona per molti anni portando avanti diversi progetti musicali. Nel 2005 abbandona il campo musicale per dedicarsi alla scrittura di poesie haiku giapponesi, interessandosi molto allo zen allo yoga e alla meditazione. Nella sua vita profana svolge attività di trasporti. I suoi riferimenti sono la poesia ermetica e l’haiku giapponese. Le sue poesie compaiono in diverse raccolte antologiche.
Qual è la trama del Libro Quore?
Alchimia e poesia, o meglio poesia alchemica, questo ciò che “Quore” offre al lettore. Versi dal sapore ermetico a volte criptico che inducono a un arduo lavoro di introspezione e di sgrossamento. Un percorso alchemico appunto fatto di varie fasi fino alla scoperta e la conoscenza del proprio vero sé.
Di cosa parla il Libro Quore?
“L’essere umano è finito o forse è finito il tempo di essere umani?” – Ebbene, Spinosa non ha problemi a porre questo quesito nella conclusione di una sua poesia. Spinosa sa essere spinoso. Non è un poeta descrittivo o lirico che si perde in prolissità, ma condensa e compatta la sostanza delle opere come solo un esperto di haiku sa fare. Non bisogna disperdere, bisogna focalizzare. Pertanto, i suoi versi, a volte malinconici, a volte sagaci, sanno coinvolgere. Claudio, non a caso, inserisce immagini nel libro.
L’autore centra l’obiettivo, fa fermo immagine, scatta il flash sul soggetto, ma soprattutto sulla sensazione che vuole trasmettere. “Piansi… nell’ora del ricordo. Non ho forse torto quando dico di essere insondabile?” Domanda retorica! EUREKA! Diviene consapevole che nell’alternarsi di lacrime di gioia e dolore si trova il senso della vita. Gli alchimisti lo sapevano: dopo il soffio vitale tutto è un ciclico morire e rinascere. “Trapianto d’organi. Menti ambulanti sorridono a guardarmi in fibrillazione.”
Il poeta sembra passivo nella scena riportata, ma in realtà è onnisciente. Come uno sciamano che osserva da angolazione diversa e scruta bisturi, ferite, organi sofferenti di se stesso. Forse è malato il cuore per perdite sentimentali, forse il fegato per rigurgiti di rabbia, forse il cervello per paranoie ricorrenti. Poco importa, lui sa come curarsi perché sa che tutto è gestito dal tempo che a volte annienta, a volte resuscita.
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