Dove sta andando la poesia contemporanea italiana? Nessuno lo sa con certezza. È già molto difficile avanzare delle ipotesi. Anni fa l’italianista Claudia Crocco su “Le parole e le cose” scriveva che ci sono i poeti neolirici, i poeti di ricerca, i performer (quelli degli Slam poetry). Personalmente ho sempre ritenuto che il rischio in cui incorrono i neolirici sia il guardarsi troppo l’ombelico, quello che corrono i poeti di ricerca sia l’intellettualismo freddo e asettico, quello dei performer sia una recitazione enfatica e una spettacolarizzazione da guitti a discapito della qualità letteraria, perché negli Slam poetry spesso il tasso etilico e la voglia di socializzazione da pub sono alti, nonostante le ottime premesse teoriche del poeta Lello Voce, che li ha portati in Italia. Luca Benassi sulla rivista Atelier di Borgomanero, esattamente nel numero 114, scrive che anche nei poeti neolirici esiste la ricerca, che anche nei poeti di ricerca esiste una dimensione soggettiva e interiore, che entrambi questi poeti spesso sono performer ai festival di poesia e alle presentazioni dei loro libri. Luca Benassi sottolinea anche il fatto che oggi il mondo della poesia tra social, blog e antologie è un grande “all you can eat”. Nessun critico letterario inoltre riesce a stare dietro all’immensa produzione poetica odierna. Vengono pubblicati ogni anno, spesso a pagamento (con richiesta di contributo) moltissimi libri di poesia. Le pubblicazioni cartacee e online sono rizomatiche e perciò dispersive, caotiche. Nessuno riesce a venirne a capo. È difficilissimo, quasi improponibile fare una mappatura esauriente della poesia contemporanea italiana. Chi ci si è provato è stato sottoposto a critiche e polemiche al vetriolo tra il risentimento degli esclusi e dei loro estimatori e tra la messa in discussione dei criteri della mappatura. Chi passerà alla Storia? Chi avrà gloria postuma? Dipende dai canoni e dai gusti degli italianisti di oggi in parte, ma molto dipenderà da quelli degli italianisti futuri, nostri posteri. Un grande interrogativo a cui devono rispondere i poeti oggi è come rapportarsi all’intelligenza artificiale (se continuare o meno la stessa strada iniziata negli anni Sessanta da Nanni Balestrini). Un altro interrogativo è se usare il verso libero e la metrica informale oppure l’endecasillabo e le forme chiuse. Una questione prioritaria è se scegliere l’io o il mondo, ben sapendo che le dichiarazioni di intenti e le poetiche possono essere contraddette totalmente dai risultati finali. Un altro interrogativo è come rapportarsi con la Storia con il rischio di non saper distinguere e tra quest’ultima e la cronaca, confondendole. Un’altra questione è come relazionarsi con la politica, se continuare la poesia civile di Pasolini o impegnarsi direttamente come persone, cercando di essere intellettuali organici, gramsciani o meno. Un’altra questione è se lavorare da soli o in gruppo, se fare come i neosperimentali o gli autori del gruppo 63, ben sapendo che nel primo caso si rischia il solipsismo e la solitudine feroce e nel secondo caso si rischia di fare cricca. Cercare di rispondere a queste domande significa anche rischiare di fare confusione tra ragioni stilistiche e visioni del mondo, tra poesia e vita. Un altro problema riguarda la relazione che intercorre nella poesia tra essere, pensiero, linguaggio. Un problema è se cercare di arrivare a tutti o rimanere di nicchia. Un altro problema è cosa possano fare i poeti per migliorare il mondo, se limitarsi all’igiene verbale, all’efficienza letteraria, all’arricchimento linguistico, quindi alla marginalità o se osare l’impossibile, cercando la protesta sociale. Un’altra questione è se istituzionalizzarsi come poeti o meno. Infine l’ultimo grande nodo è proprio la relazione tra poesia e vita, soprattutto se sia legittimo far prevalere la poesia sulla vita, su quanta vita si possa sacrificare per la poesia, su quanta vita debba entrare nella propria poesia, su quanto e su cosa possa dare in più la poesia alla vita. Domande molto impegnative, che non hanno risposte univoche e universali, ma variano da poeta a poeta. Ma sono domande ineludibili per ogni poeta che si rispetti. Rispondervi è difficilissimo e spesso occorrono anni, ma porsi queste domande è doveroso, necessario. Non si può essere considerati a pieno titolo poeti se non ci si è posti questi problemi.