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    Brevi annotazioni sulla poesia contemporanea

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    poesia
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    Sulla poesia contemporanea:

    1/ Oggi non esistono solo le discriminazioni in base al colore della pelle, alll’orientamento sessuale, al  genere oppure politiche, religiose, etc etc. Ci sono anche  le discriminazioni estetiche e l’industria della moda è stata la prima a farle. Poi c’è stata l’estensione in molti altri ambiti. Oggi per trovare un lavoro come  barista o commessa chi ha un buon aspetto fisico è molto avvantaggiata rispetto alle altre candidate. Ci sono i cosiddetti lavori d’immagine.   Anche nell’editoria aiuta la bellezza.  L’editoria è basata sempre più sull’immagine degli autori e delle autrici, e anche delle loro performance, che risentono di alcune caratteristiche fisiche. 

     

    2/ Gli influencer  diventano “poeti”, ma i veri poeti non diventano mai influencer. Questo è un paradosso della poesia italiana contemporanea. Con i libri di “poesia” degli influencer le case editrici fanno cassa. Oggi le case editrici guardano il numero dei follower perché una certa parte di essi potrebbe acquistare il libro del loro beniamino. Però tutto questo va a discapito della qualità.  

     

    3/ Esistono il giornalismo partecipativo, le testate giornalistiche online, i blog culturali. Per chi ha voglia di scrivere i siti online sono tanti. Basta solo saper cercare e avere una buona padronanza dell’italiano, avere una certa ideazione, possedere un certo senso critico, avere fatto  buone letture. Anche i poeti si dovrebbero cimentare nella stesura di articoli. Fosse solo per far capire meglio il loro pensiero, la loro cultura,  la loro personalità! Gli articoli servirebbero per spiegare la loro poetica. 

     

    4/ Alcuni sostengono che ci sono troppi blog di poesia e che sono inutili. Poi però molto spesso scrivono anche loro su siti internet poetici. Chi stabilisce quale sito è inutile? E si può stabilirlo così a priori? Risposta: per Pareyson tutta l’arte, vera o presunta, era bisogno dell’inutile; aggiungo io: un bisogno non è mai inutile per le persone che necessitano di quella cosa. Ma non c’è solo questo: il primo fine di Internet era la libera circolazione delle idee, l’espressione del libero pensiero. Perché tarpare le ali e imbavagliare chi non fa altro che usufruire della democraticità di questo mezzo quando nel dark web ad esempio fanno molto peggio, compiendo  dei crimini? 

     

    5/ Non c’è più la mediazione dei critici letterari.  Oggi ci sono i blog letterari e le riviste online che promuovono libri di poesia e ne decretano il successo: quanto più un poeta, vero o presunto, si autopromuove in questi angoli del web tanto più riesce a farsi conoscere. A volte basta aprire un profilo Instagram o una pagina Facebook come autori. Resta un interrogativo: i like sono attendibili? Sono dovuti all’amichettismo o reali? E chi mette like e cuoricini si intende veramente di poesia? 

     

    6/ Alcuni poeti vorrebbero che la lirica fosse potere, altri che fosse contropotere.  In realtà si tratta di una piccola porzione di micropotere, neanche di un vero micropotere. L’unica forma di micropotere che i poeti hanno è di fare o di non fare diventare poeti l’esercito di aspiranti poeti. O almeno questo era vero un tempo perché oggi moltissimi possono pubblicare e trovare lettori sui social, sui blog o in case editrici a pagamento.  Anzi in realtà la poesia contemporanea è talmente marginale e poco incisiva sulla realtà che non si tratta neanche di alcuna forma di potere. Più semplicemente il potere della parola poetica non esiste. È rimasta in alcuni poeti e poetesse solo la bellezza, l’intensità,  la pregnanza dei loro versi. Ma questo non è potere perché il vero potere è una forma di consenso che diventa dominio su certe persone e che trasforma anche in piccola parte in modo tangibile, concreto, pragmatico la realtà. Non chiedete tutto ciò alla poesia. La poesia non è questo. 

     

    7/ Si discute tanto di poesia e autenticità. Prima cosa: non confondiamo l’autenticità con l’originalità o la verità.  Accontentiamoci  che ciò che è autografo sia autentico in senso letterale e letterario, non ontologico. Più complessamente sono autentico quando esprimo il mio sé, lascio una testimonianza e a qualcuno interessa tutto ciò. Non si può essere autentici per tutti in poesia, ma solo per chi apprezza quel gesto, quella scrittura. Il rapporto tra autenticità e poesia è perciò circoscritto e relativo. Perché il mio soggetto debole scriva qualcosa di autentico c’è bisogno che altri soggetti deboli lo riconoscono. Autenticità quindi è espressione sia di natura che di cultura in cui alcuni si riconoscano e si rispecchino, riconoscendone infine un valore poetico. Resta un dubbio: ci sono stati poeti che scrivevano e poi buttavano tutte le loro opere nel fuoco. Esistevano quelle poesie? Erano autentiche o era poetico e autentico solo il gesto di bruciarle? 

     

    8/ Alcuni sostengono che i poeti oggi abbiano meno consapevolezza rispetto a quelli di un tempo. Ma oggi il mondo è più complesso ed è perciò più difficile avere consapevolezza. Più complessità,  meno consapevolezza! Già avere coscienza della maggiore complessità di questo mondo è indice di una certa consapevolezza. Non sto parlando di evoluzione o involuzione. Forse oggi c’è maggior progresso scientifico, ma non c’è stato il cosiddetto sviluppo storico e politico. Ci sono però dinamiche economiche, socioculturali,  psicologiche più complesse. Ci sono tante sfaccettature, tante sfumature delle realtà e tanti approcci a essa. Qualcuno potrebbe dire che comunque siamo dei nani sulle spalle dei giganti. Io rispondo: è sempre più difficile oggi stare in equilibrio sulle spalle dei giganti. 

     

    9/ Non è vero che le persone non leggono i poeti contemporanei.  Diciamo che quasi esclusivamente gli aspiranti poeti leggono i poeti contemporanei e anche gli aspiranti poeti sono persone. Correggo il tiro: solo una piccola parte di aspiranti poeti legge i poeti contemporanei.  Hemingway sosteneva che metà degli italiani scriveva libri, mentre l’altra metà non leggeva. Aveva torto: buona parte di chi scrive non legge. Dirò di più: gli aspiranti poeti sono l’unico pubblico della poesia rimasto. Ma questo non significa che il pubblico della poesia non esista più, come pensava Berardinelli. È solo un pubblico esiguo e interessato, che ha il fine di essere riconosciuto come poeta. Ma perché mai un pubblico deve essere per forza di cose disinteressato? Anche moltissimi  telespettatori vorrebbero avere un passaggio televisivo, ma ciò non è mai stato preso in considerazione da chi rileva l’audience. Insomma nessuno se ne è mai lamentato. Certi poeti riconosciuti e certi critici mi sembrano come certi professori che detestano esaminare gli studenti, ma che si scordano che senza gli studenti non farebbero più didattica né ricerca e non esisterebbe nessuna università.  Sarà autoreferenziale quanto vi pare questo pubblico della poesia, sarà sintomatico della crisi della poesia italiana odierna,  ma è effettivamente così. Ne va solo preso atto senza fare troppo gli snob, gli schizzinosi. 

     

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